martedì 9 febbraio 2010

Poesie di Luigi Picchi


Il tempo è una bugia.

A volte anche i ricordi.

Forse anche le parole.

Sera nostalgica.

Rispolvero gli scaffali.

Apro cassetti chiusi da secoli.

E questo è quello che ne esce.

Le poesie di LP..


A.



GIOIA

E così mi sorprendono le foglie d’autunno
e le chiacchiere dei passanti. Certi silenzi.
E il passaggio lontano d’un treno.
Un cane che gioca. Una commessa
che sistema una vetrina.

La vita è un meraviglioso acquario.

La gioia è stare fuori
e da fuori vedere.
L’ebbrezza è stare dentro.
Essere tutti con tutti.

Mi è capitato al Grest,
a militare, sugli autocarri
nel freddo della notte.
Nel coro coi monaci,
a messa (se i canti
sono belli). Sul treno,
in metró. In aereo.
In mezzo a gente
sconosciuta.

Allora la mia solitudine
è ospite.
Siete tutti dentro di me.
Nel grembo dell’anima.

Ancora dubiteranno
della mia gioia,
Ancora la calunnieranno.
La mia gioia
di poeta.

Eppure la mia gioia
è l’attesa del bene
che verrà.
E’ l’attesa dell’armonia
che lentamente cresce
dal caos.

La mia gioia è credere
nella prateria
dopo la cenere.
È lasciar fare all’inverno
la primavera.
Perché l’inverno è solo
il suo riposo.




DI MIA SORELLA AFFETTA DA TUMORE ALL’INTESTINO

Come un cerchio di fuoco (flammantia moenia
mundi) la circonda la sofferenza e da tutti, da tutto
la separa in un’estrema amara solitudine. Non
può capire questo chi non c’è dentro. Il dolore è più
d’un universo parallelo, è il luogo dell’esilio vero,
della lontananza, della separazione, della lacerazione.
Per questo è la casa di Dio, il dolore, è Dio il dolore.
Flebo, tubi, cerotti, tagli, cuciture, tutto un traffico
di sangue e questa anestesia che è un bluff. Alla
fine c’è più da fidarsi del dolore che della gioia:
è più onesto. Lui lascia tracce, lascia sigilli.



AUT AUT

Gesù dovrei scegliere te
che hai pagato fino in fondo
la tua stessa solitudine.
Hai sposato e vissuto
tutta la solitudine dell’uomo.
Ti vedo sempre incompreso,
frainteso e ignorato.
E poi liquidato senza onore.
La reputazione sacrificata.
Indifeso, braccato, umiliato.
In fondo sei uno dei nostri.
Lupo della steppa pure tu.
Outsider e maledetto.
Amavi stare solo.
E ti pesava.
Certe notti non riuscivi
a dormire e vegliavi.
Un po’ ti consolava
la maestà della natura.
Spesso Dio, tuo padre,
si sottraeva a te che
lo cercavi.
Se scelgo te
allora voglio in cambio
tutto quello che può
dare la solitudine:
supremi dolori, ma
anche beatitudini.
L’inferno della Solitudine,
ma pure il suo Paradiso,
le sue aristocratiche ebbrezze.
E la sua gloria. Amen



IO E DIO

Ho già tanto avuto (sono
un poeta).
E poi non m’interessa l’ideale.
Né il sogno. La Bellezza
è reale, già qui.
Sei tu che mi leggi,
pensi e dimentichi.
Tu che fai fatica.
Anche un bimbo che gioca
fa fatica (esausto s’addormenta).
Questo travaglio d’universo
che qui fa rumore, a Dio
è musica. Lo so.
Lui è felice. E’ contento
di noi.


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