domenica 28 febbraio 2010

Prendimi per mano




Parlami di ieri
e prendimi per mano.
Portami lontano,
là, dove mi perdo
nel profumo di una nuvola,
dove l’amore non ha tempo,
dove il tempo non ha fine,
e dove la fine non ha tempo.

Prendimi per mano,
voglio danzare
sull’erba a piedi nudi
al suono della musica
suonata dal vento.

Prendimi per mano,
portami dove l’amore non ha fine
e la fine è scritta su una nuvola.
Prendimi per mano
E non lasciarmi mai.
My angel.

LO SCOPO - Fazal Inayat Khan



Arriviamo ora al punto in cui scendiamo sempre di più verso un discorso specifico, meno astratto, all’uomo stesso. Disegnando la realtà come un simbolo, che funziona secondo certi principi di contraddizione, guardando le causalità e cercando di vedere che la causalità è invece la chiave all’illusione in cui funzioniamo; ora stiamo arrivando allo scopo. Se le letture precedenti ( vedi i numeri di Gemme precedenti, ndr.) sono servite a liberarci dei pesi, ad aiutarci ad avere una visione della realtà con minor attaccamento emozionale dentro noi stessi, allora la questione che deve arrivare subito dopo ad ogni mente è, va bene, ma perché io esisto? Qual è lo scopo della mia vita – della vita?


Considerando lo scopo dovremmo probabilmente cominciare a pensare ad un piccolo pesce nel mare. Al grado in cui esso ha una consapevolezza, ed ammettendo che quel grado sia minimo, il pesce nel mare sembra essere spinto da forze di auto-conservazione, di sopravvivenza; ed il pesce segue dei modelli predefiniti, un modello di nutrirsi, uno di nuotare. Il piccolo pesce potrebbe – probabilmente non lo fa, ma potrebbe – vedere la sua piccola vita come incredibilmente importante, di fatto, abbastanza importante che lotterà per la sua sopravvivenza, e osserverà cose buone e cose cattive (qualunque casa ciò significhi soggettivamente) dal punto di vista di se stesso. Se trova cibo, ciò è bene per quel piccolo sé, se è minacciato, ciò è male per quel piccolo sé. Se noi andassimo a raccontare al pesce che lui non ha uno scopo, lui non potrebbe mai accettarlo, direbbe: “No, devo nuotare, devo mangiare, devo riprodurmi, devo sperimentare ciò che sto facendo”. E tuttavia il suo scopo basilare potrebbe essere di assolvere una funzione molto piccola, incredibilmente precisa, un anello in una catena molto vasta che è oltre la sua comprensione. Nonostante ciò, per la consapevolezza individuale di questo pesce, ogni cosa che succede sta succedendo a lui. Tutte le cose importanti nell’intero universo stanno succedendo a lui. La sua intera vita è talmente incredibilmente, meravigliosamente decisa, e lui non vede mai la funzione che svolge nell’attimo d’eternità in cui appare come un piccolo pesce. Non vede se stesso come proteine, non vede se stesso come un ciclo sempre crescente di coscienza che si risveglia, che consuma ed è consumata, che espande e si espande; vede semplicemente il suo supremamente importante e perfettamente completo piccolo sé, “Io, questo piccolo pesce”. Un piccolo fastidio è perciò critico nei suoi sentimenti di dolore o di piacere, e tuttavia con tutta probabilità, qualunque cosa il piccolo pesce fa, il suo scopo è inevitabile. C’è un pesce più grande che mangia il nostro piccolo pesce e tanti altri, e c’è un pesce ancora più grande che mangia quello, e così via. Tuttavia ad ogni livello c’è il chiedersi perché, e la certezza dell’individualità dello scopo e della specificità della vita.


Un altro esempio, forse molto meno crudele – se esiste la crudeltà – e perciò forse anche meno giusto – se la giustizia esiste – è l’esempio di una scala musicale, una raga, un modo greco o una scala occidentale. Immaginatevi che state suonando una scala maggiore sul pianoforte o su un sitar. In quel momento dell’intrecciamento con la scala, sembra che stiamo realmente suonando una scala, sembra che realmente ne stiamo sperimentando un aspetto, ma il punto di vista mistico è che la scala sta suonando il musicista, che quella particolare probabilità, quel particolare insieme esistenziale sta semplicemente rilasciando un potenziale, infinitamente piccolo in una forma manifesta. Potrebbe essere che le cose siano invertite, che non compiamo uno scopo, ma che lo scopo si sta compiendo in noi, proprio come il piccolo pesce o plancton-animale non ha una funzione veramente individuale, tuttavia la funzionalità si sta realizzando. Il piccolo pesce era mangiato da un pesce più grande e quello da un pesce più grande e avanti così finché alla fine arriviamo all’uomo. Sta diventando sempre più vero ogni giorno che man mano noi ci moltiplichiamo diventiamo di più come il piccolo pesce. Leggevo recentemente che l’intera popolazione della terra durante gli ultimi duecentomila anni non era uguale al numero di persone che sono nate nel mondo ogni venti anni nell’epoca presente. Nonostante i numeri, non c’è molta differenza fra il piccolo pesce e i suoi sentimenti d’identità e d’importanza, la centralizzazione nella sua piccola coscienza, e quelli nella nostra. Anche noi non vogliamo essere senza scopo, sentiamo che stiamo veramente facendo qualcosa d’importante nelle nostre vite, ma se ci guardiamo realmente, la maggioranza di noi sta facendo ben poco che sia originale, costruttivo, che abbia uno scopo – siamo vissuti invece che noi viviamo. Non è così che possiamo arrivare al punto di realizzazione che lo scopo della nostra vita si trova, tanto quanto lo scopo del piccolo pesce, non in quello che raggiungiamo, ma in quello che sacrifichiamo, non in ciò che costruiamo, ma in ciò che cediamo, in ciò che diamo? Proprio come il piccolo pesce è incapace di concepire i vari cicli di cui fa parte, e l’intero più grande di cui lui è una parte, possiamo noi veramente dire che possiamo vedere i cicli più vasti? Possiamo vedere i cicli del pesce, alcuni di questi, ma non siamo noi, nella coscienza universale, molto più piccoli del piccolo pesce nell’oceano?


Alcune persone possono sentire che questo è eliminare l’ultimo granello di valore che un individuo possiede, e probabilmente è così; ma c’è un altro modo di guardare ciò che dà una tremenda sicurezza, certezza, salvezza, e vale a dire che qualunque cosa il piccolo pesce faccia, inevitabilmente lui compirà il suo scopo. Nello stesso modo, qualunque cosa facciamo, in qualunque modo cerchiamo di scappare, anche noi compiremo il nostro scopo. Lo scopo dell’uomo è nato con la sua nascita, persino se la sua morte segue poco dopo. Quello che possiamo fare per concepire la nostra vita, è cominciare a comprendere che ciò che vediamo può essere o un peso incredibile, il peso che tutto ciò che vediamo è tutto ciò che esiste; oppure, può essere una porta, tante porte, porte che conducono verso l’ignoto.


In genere, quando cominciamo ad avere una certa idea sul significato, sullo scopo, costruiamo subito un muro intorno a ciò, un muro senza porte. Conosciamo tutti il misticismo dell’orizzonte: l’orizzonte è il limite dell’osservazione, il limite della lunghezza d’onda della luce, il limite dell’altezza da cui osserviamo; è il limite incorporato in questo pianeta, e oltre l’orizzonte c’è più di quanto possiamo vedere. Sappiamo tutti che non si può mai raggiungere l’orizzonte, rimane sempre; non potrebbe essere che è lo stesso con le nostre menti? Proprio come c’è un limite a ciò che possiamo vedere in un qualsiasi momento particolare, c’è un limite a ciò che concepiamo in un qualsiasi momento particolare. Quando l’uomo è limitato dal suo orizzonte va in viaggio per vedere che cosa c’è dove la terra e il cielo si incontrano, tuttavia quando arriva all’orizzonte della sua mente, troppo spesso reagisce dicendo: “Ora ho visto tutto ciò che c’è da vedere”. Allora l’orizzonte è diventato un muro, un grande muro impenetrabile, il muro di Berlino, la Grande Muraglia Cinese, il muro di filo spinato di un campo di concentramento. Allora cominciamo a chiedere a noi stessi, quale può essere lo scopo del nostro vivere in questo campo di concentramento? Certamente ci deve essere qualche ragione per essere qui, intrappolati in questo meraviglioso ‘Audace Nuovo Mondo’.


Ed è a quel punto che lì incomincia ciò che chiamiamo la vita interiore, un viaggio all’interno, una ricerca della verità, lo sviluppo spirituale, non importa come vuoi chiamarlo; l’incominciare a cercare di andare verso e oltre l’orizzonte della nostra mente, a cercare di vedere al di là degli scopi che abbiamo stabilito per noi stessi, a cercare di sperimentare più di ciò che conosciamo già. E’ a questo punto che possiamo cominciare a dire che c’è uno scopo elementare definito che l’uomo ha, dopo la procreazione e tutti gli altri scopi naturali, che possiamo chiamare scopi inconsci.


Il primo scopo conscio che abbiamo non è di salvare il mondo, ma la ricerca di uno scopo per salvarlo. Quando cominciamo a vedere, a scaricare questo e anche tanti altri scopi carichi di emozioni, scopi protettivi che abbiamo usato per rendere sentimentali le nostre vite, quando cominciamo a spingerci indietro, andando sempre più dentro l’orizzonte della nostra mente,oltre il limite della concettualizzazione, andiamo alla ricerca del vincolo successivo con cui indubbiamente,innegabilmente, proprio come il piccolo pesce, ci congiungeremo.


Ho l’impressione che la maggior parte della gente nel mondo si sente senza scopo. Non sanno onestamente perché vivono; spesso hanno bisogno di una droga per uccidere la questione. Passano attraverso ogni sorta di contorsione per congratularsi con se stessi e con gli altri di essere sulla strada giusta, perché fondamentalmente sanno dentro se stessi che non lo sono. Le mie impressioni potrebbero essere sbagliate, ma diventano ogni giorno per me più forti. In tutto il mondo le persone vegetano; alcune in Ghana, alcune in India, alcune in Inghilterra, alcune in America, alcune in Russia e, proprio come la crescita dei fagiolini, crescono verso l’alto perché c’è la forza per salire dentro di loro, ma non sanno perché, e questa è la cosa che si sforzano di più di dimenticare. Possiamo dimenticarla per un po’; puoi dimenticare tramite l’interesse nello studio, con l’ambizione per il potere, con il desiderio di divertimento, tuttavia questa questione rimarrà fino alla fine delle nostre vite. Più superficiali le persone sono, (se posso fare un tale giudizio) più sono state capaci di spegnere questo segnale dall’intimo. Perché?


A questo punto alcune persone possono dire che, se hanno compreso ciò che è stato presentato, l’uomo non ha uno scopo. La risposta è sì e no; l’uomo che non lo cerca non ha uno scopo. Chi lo cerca non lo troverà mai; andrà attraverso mille scopi, a mille passi dall’orizzonte che si espande sempre, e non arriva mai alla fine. E’ precisamente questo che giustifica tutta la filosofia, la ricerca del significato,la religione,la devozione, le chiese, i guru, lo yoga, perché ci sono tantissime persone che stanno cercando, ognuno a modo suo, al suo livello o grado di concettualizzazione,dal suo punto di vista culturale. Ed è questa ricerca angosciosa di uno scopo, di una risposta – perché uno scopo dà significato e completezza, dà sicurezza - che ha causato l’intero trip religioso in cui l’uomo si trova. Ora possiamo cominciare a comprendere queste religioni un po’ meglio, possiamo cominciare a classificarle in quelle che aiutano a mettere a dormire la questione, che sono le filosofie oppio, e in quelle che aiutano a rompere la questione per aprirla, sempre più profondamente dentro noi stessi. Puoi cominciare a vedere che la maggioranza della gente è sempre andata e andrà sempre sulla facile strada del mettere la questione a dormire. Qual è il mio scopo? E la risposta che mi do é: “Io lo metto a dormire”. Non possiamo affrontare il fatto che siamo senza scopo, che quando soddisfiamo i nostri bisogni fisici e psicologici finiamo per essere delle cose incredibilmente complicate. Ma perché? Per che cosa? Per congratulazioni reciproche?


Lo scopo si trova nella ricerca, non nella sua protezione o nella sua giustificazione. Questa è la differenza tra il piccolo pesce e il piccolo uomo: il piccolo pesce non può cercare il suo scopo, e l’uomo può. Non so se sentite il meraviglioso coraggio e la speranza di questa affermazione, il potere positivo di questo punto di vista. La differenza fra ciò che ci rende umani e ciò che ci rende animali è che possiamo cercare uno scopo nella creazione vuota e senza senso dell’illusione. Alcune persone possono perdersi in questo approccio o cominceranno a chiedersi come ricercare. Può non essere semplice – nessuno può veramente dire come – ma ci sono alcune cose che possiamo imparare su questo. Per prima cosa, dobbiamo liberarci, abbandonare, il più possibile, gli attaccamenti sentimentali al giusto e allo sbagliato, al bene e al male, alla nostra personale importanza. Queste cose hanno senso, sono semplici; non serve un libro intero di prove ad ognuno di noi per vedere chiaramente che nell’universo noi non siamo importanti. La nostra importanza è per noi stessi, e l’attaccamento a ciò è sentimentale.


In secondo luogo, non si può trovare lo scopo negando la vita. Se si sta cercando lo scopo della vita, questo si deve trovare nell’essere completamente vivi, nell’essenza stessa di quella esperienza. Questa è una deviazione importante dai tanti insegnamenti diversi che cercano lo scopo della vita fuori dalla vita; oppure dopo la morte, che è semplicemente un non voler affrontare il fatto che tutti noi moriremo; o, in una applicazione artificiale di ciò tale da negare le emozioni naturali, le funzioni naturali, le energie vitali e le direzioni normali. Il primo e più importante scopo del piccolo pesce è, per esempio, la procreazione, e dato che ci sono diversi livelli di scopi, così uno degli scopi dell’uomo e della donna è la procreazione – una normale, naturale, sana esperienza che dobbiamo attraversare. Questo è un posto dove si potrebbe cercare lo scopo, non nell’essere un monaco o un asceta.


Il Sufismo non cerca il raggiungimento dello scopo della vita in qualche applicazione artificiale, ma nella vita stessa, e questa è la ragione per cui, simbolicamente, diciamo che la nostra bibbia, il nostro libro sacro, è la natura, il libro della natura. E’ l’unica scrittura che può realmente illuminarci, che può aiutarci a liberare noi stessi dalla sovra-enfasi sulla nostra personale importanza. Essa mostra cosa la pace sia veramente: non la pace di essere seduti su un tappeto morbido fra quattro mura, ma la pace della natura, che include tensione, rendendo con ciò la pace reale. Non la pace di un parco dove tutte le erbacce sono attentamente tolte, le rose ben tagliate, i bordi dei prati tenuti diritti ed i rami caduti tutti raccolti – questa non è la natura, è un’applicazione artificiale di essa.Terzo, lo scopo si trova nella ricerca che ci porta a diventare più leggeri. Cosa vuol dire questo? Non lo so, è un’affermazione soggettiva. Se ci si muove in una direzione per cercare uno scopo, e si trova che ciò ci fa sentire più pesanti – “Per l’amor del cielo, c’è una crisi e devo fare qualcosa!” – allora questo è lo scopo che individualizza, che tende verso una giustificazione spaventosa, messianica della nostra vita.


La ricerca del nostro scopo si trova in una via che diventa più leggera e più libera. Quando noi ci solleviamo dalla terra perdiamo la gravità, possiamo saltare e con un balzo salire per sempre, perdendo la resistenza che ci porta indietro alla pesantezza dell’imperfezione, alla densità della manifestazione – perché, in ogni caso, tutti noi sappiamo che siamo destinati ad andare là, sia che crediamo o no nella vita dopo la morte. In questo punto di separazione c’è una perdita di peso – peso fisico, peso mentale, peso emozionale, ogni tipo di peso. Se mentre viviamo nella vita cerchiamo uno scopo, il nostro scopo, uno scopo significativo che sia raggiungibile, equilibrato e consistente, deve essere uno che ci porti alla leggerezza, per quanto vogliamo concepirlo soggettivamente.


Che sentimento meraviglioso se si potesse danzare nella vita con la gioia e la pace di dire: “Non c’è necessariamente una causa per la mia danza che è assoluta; non c‘è necessariamente uno scopo alla mia danza che limiti il suo movimento; c’è soltanto la gioia della danza”. Se si comincia a danzare e si dice: “Ora vado a danzare perché mi è stato richiesto di fare la danza perché è una cosa giusta da fare, perché mi porterà verso la santità”, allora la danza non ha nessun valore, diventa un’esecuzione.


La conglomerazione della vita moderna, di pensieri e strutture, scienza e filosofia ed i dettagli meravigliosi dell’organizzazione economica e sociale che abbiamo costruito, possono essere paragonati ad un’opera: un palcoscenico meraviglioso, una finzione considerata nei minimi particolari dettagli che una formica può sperimentare. L’opera sembra essere una leggenda, qualcosa che era vero una volta, ma è diventato una leggenda perché abbiamo dimenticato di che cosa si trattava realmente; abbiamo dimenticato che cosa realmente succedeva e così noi la recitiamo di nuovo, la recitiamo e ri-recitiamo. Così noi tutti andiamo, attori, cantanti, violinisti, direttori d’orchestra, ed eseguiamo quest’opera fantastica. Tuttavia in profondità dentro il nostro subconscio, ognuno di noi sa che la leggenda era vera, ma ci chiediamo, che cosa succedeva realmente?Alla fine uno o due ribelli lasciano la scena dell’opera, ponderano, ritornano, rimuovono se stessi dal rumore e dalla bellezza, dal dramma e dal palcoscenico meraviglioso che pesa incredibilmente nel potere del suo spettacolo, nella sua trance ipnotica. Come si esce da una porta, fuori nella foresta, si può sperimentare la leggenda dell’opera, ma arrivano anche nuove sottigliezze. L’intero peso di ciò che succede nell’opera si alleggerisce, e allora avremo improvvisamente una visione di ciò che realmente era successo. Questa è la strada mistica. Lo scopo che sta cercando, rassegnato che non sarà mai trovato.



(23 Luglio 1973)

Dio, se mi senti?



Dio, se mi senti, puoi dirmi quando finirà?
Perché non mi lasci in pace?
Se mi ascolti, se da qualche parte ci sei, fammi capire. Quando ne conosci la ragione, a volte è più facile accettare quello che ci succede, e conviverci.
A tutto c’è un perché. Niente capita a caso. Omnia in bonum. Questo mi hanno insegnato le lunghe conversazioni sui gradini di una chiesa, o in verdi prati sulle rive di un lago di montagna, lì dove potevo quasi toccarTi con mano e sentire che eri lì.
Voglio credere che sia per il mio bene. Ma che bene ci può essere in questo? Perdona la mia cecità, ma non lo so vedere.
Questa è la mia preghiera. Fammi vedere con occhi diversi, con occhi che non siano quelli di adesso.
Dammi qualcosa al quale aggrapparmi.
Ma dove sei, così lontano, senza un indirizzo?
Alla fine, forse, sarà solo uno dei tanti ricordi da mettere in un cassetto.

Annegare



Vorrei annegare, lasciarmi andare alla deriva. Non pensare più a niente. Poter pensare di non fare più del male a nessuno.
Vorrei salire su un treno e non fermarmi più. Andare. Non importa dove.
Su una zattera alla deriva.
Non importa.
A chi importa?
Vorrei spolverare gli scaffali della mia vita, senza, tutte le volte, riportare a galla quello che viene a galla.
Vorrei estraniarmi dal mondo.
Non esserne più parte.
Vorrei uscirne e rientrarne come mi pare, ma le favole non esistono.
Le favole hanno tutte sempre un lieto fine.
A quando il mio lieto fine?

Tempesta



Sembra di essere tornata in mezzo alla tempesta. Sommersa dalle onde dei ricordi, non riesco a lottare per tenermi a galla, vorrei lasciarmi andare. E annegare. Nell’oceano che mi riporta a lui. Fa’ ancora male. Dio solo sa quanto. E Dio solo sa quanto vorrei lasciarmi tutto questo alle spalle. Credevo di esserne fuori ormai. Dio solo sa quanto mi sbagliavo.
E non immaginavo neppure che sarei ricaduta nell’incubo dei ricordi di una vita che non c’è più. E che non potrà più esserci. Mai più.
Invece mi ha scatenato dentro l’inferno.


sabato 27 febbraio 2010

Riflessioni ...




A volte capita che vuoi lasciare alcuni pensieri o alcuni sentimenti fuori dalla porta. Perché sono troppo pesanti e porterebbero la tua anima sul fondo di una vita strana, amata e odiata allo stesso tempo. Forse amata più che chiunque altro essere al mondo. E forse altrettanto più odiata. Perché non c’è qualcuno che nonostante tutto ama la vita più di noi. Il nostro amore è totale. Sale dalle viscere più profonde del nostro essere, è assoluto, ha mille profumi e mille suoni, mille risate e mille sogni.
Ma come è tanto amata, è anche tanto odiata, a volte. Il confine tra amore e odio è una linea sottilissima. Perché la linea tra amore e odio a volte non esiste. Adesso sei di qua e dopo un attimo ti trovi, senza sapere come, di là, oltre questa linea.
E ti capita di avere nel cuore sentimenti che gravano come un macigno su tutto il resto. E allora vorresti fare finta che non esistessero, negarli in qualche modo, tapparti le orecchie per non sentire il richiamo del loro tormento. Dolce e amaro nello stesso tempo.
Nessuno più di noi sa apprezzare la meraviglia di un sole che sorge e che illumina la nostra giornata, ma a nessuno più di noi scende nel cuore quello spesso velo di (tormentata) malinconia.
Perché a volte le cose belle ti mettono tristezza?
Questo è il nostro pegno da pagare per avere un cuore, non dico più sensibile, ma diverso dagli altri. E incompreso dai più. Perché tutto questo non è un nostro capriccio. Ma è quello che il dio che ci ha creato ha voluto darci. Un dono? Sì, un dono. Nonostante tutto un dono. Perché un dono è sempre bello. Nonostante tutto. Perché un dono, qualunque esso sia, dobbiamo essere noi a “viverlo” nel modo giusto. Questo spetta a noi. È il nostro compito. La nostra “missione”. Perché ognuno di noi (noi e loro) ha un suo scopo ben preciso. C’è chi si rende conto di quale sia il proprio, e c’è chi non ci fa caso. Ma esiste. È anche solo quella piccola cosa che puoi fare a qualcuno. Involontariamente.
Qualcuno diceva “se anche solo ho fatto felice qualcuno per una frazione di secondo, allora non ho vissuto invano.”
Forse è proprio questo quello che conta.
Un piccolo gesto. Una semplice parola. Un sorriso. Anche solo questo conta. Insignificante? Non credo. Per me queste “piccole” cose molte volte hanno fatto la differenza. Differenza anche tra la vita e tutto ciò che poteva non essere la vita.
E fare la differenza non è cosa da poco.
Penso alle persone che, anche inconsapevolmente, hanno fatto la differenza nella mia vita. Uno sguardo in mezzo alla folla, un orecchio attento ai miei sfoghi, un sorriso in un momento in cui le lacrime sembravano essere l’unica cosa che mi spettasse e per cui ero degna. La vita, o le persone, non sapevano o non potevano darmi di più. Altro.

Quanto male fanno le parole



Quanto male fanno le parole. Più di uno schiaffo. Più di qualsiasi altra cosa. Perché il loro suono risuona nella tua mente anche dopo un’eternità che sono state dette. Quando meno te lo aspetti, ecco che risenti quella voce… che si insinua maligna e malevole nei tuoi pensieri e nei tuoi sogni trasformandoli in incubi. Nel peggiore incubo della tua vita.

giovedì 25 febbraio 2010

Amo?



Amo la vita?
Non lo so.
Amo l’amore?
Non lo so.
Amo la libertà?
Non lo so.
Amo ciò che è bello?
Amo ciò che è puro?
Amo ciò che è vero?

Amo tutto ciò che vive,
e forse in questo modo
amo la vita.
Amo tutto ciò che ama,
e forse in questo modo
amo l’amore.
Amo tutto ciò che è libero,
e forse in questo modo
amo la libertà.

Vorrei vivere,
vorrei amare,
vorrei essere libera.

E se voglio vivere,
forse amo la vita.
E se voglio amare,
forse amo l’amore.
Vita è amore.
Amore è vita.

Calle deserta



Una ‘calle’ deserta,
una vecchia casa,
a mezzanotte,
un cielo scuro.
I miei occhi stanchi
si destano a guardare il cielo.
Che posso fare,
se non enumerare i ricordi ?

Calma irreale



Questo silenzio si aggrappa
alla calma della notte,
così irreale,
così fantastica.
L’odore delle tenebre
penetra in me
e mi perdo
in un mondo senza fine,
vagando e sprofondando
in questa oscurità
macchiata di stelle,
e il tumulto che ho nel cuore
turbina in questo cielo
e si libera
dando pieno sfogo al dolore.

A volte




A volte non accetti il dolore,
a volte non accetti il rancore,
ti poni mille domande,
ti poni mille perché,
ma la risposta è lontana,
vaga e confusa.

Il mio pianto




Solevo
ballare, giocare,
arrampicarmi, vivere.
Amare.
Solevo.
Un vuoto,
un buco nero,
un abisso.
Al suo posto.
Al tuo posto.
Una lacrima,
tante lacrime.
Un ricordo,
tanti ricordi.
Solevo amare.
L’amore è un ricordo?
L’amore è una lacrima?
Piango.
Per il tuo amore.
Il tuo amore è la mia lacrima.
Solevo cantare,
baciare.
I tuoi baci sono il mio pianto.
Un’ombra nel mio cuore.
Passi nella notte.
I tuoi passi
Sono la mia notte.
Oscurità.
Quanto dura un’eternità?

Hole - My Abyss -- Il mio abisso



Deeper
In my heart there is a hole
So immense, so dark
It’s a wound
It bleeds night and day
It’s a wound you made

I’m walkin’ on an abyss
I do not fear to fall
Maybe it would be a release
I do not fear
This abyss is all I’ve got

No more tears to cry
No more love to give
No more life to share
This abyss is my lover
This abyss is my only friend

Deeper
In my heart there is a hole
So immense, so dark
It’s a wound
It bleeds night and day
It’s a wound you made
This abyss is my lover
This abyss is my only friend

Il mio abisso


Nel profondo
Del mio cuore c’è un abisso
Così grande, così oscuro
È una ferita
Che sanguina notte e giorno
È una ferita che tu hai fatto

Cammino sul bordo di questo abisso
Non ho paura di cadere
Forse sarebbe un sollievo
Non ho paura
Questo abisso è tutto quello che ho

Non più lacrime da piangere
Non più amore da dare
Non più vita da condividere
Questo abisso è il mio amante
Questo abisso è il mio unico amico

Nel profondo
Del mio cuore c’è un abisso
Così grande, così oscuro
È una ferita
Che sanguina notte e giorno
È una ferita che tu hai provocato




Sensazioni



Voglio affondare
in questa cascata
di emozioni e sensazioni
che come un torrente di montagna
scorrono in questo mio cuore
affranto e deluso.

giovedì 18 febbraio 2010

I Versi gemelli dal DHAMMAPADA



I Versi gemelli dal DHAMMAPADA


1) Siamo ciò che pensiamo. Tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente.Ogni parola o azione che nasce da un pensiero torbido è seguita dalla sofferenza, come la ruota del carro segue lo zoccolo del bue.

2) Siamo ciò che pensiamo.Tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente.Ogni parola o azione che nasce da un pensiero limpido è seguita dalla gioia, come la tua ombra ti segue, inseparabile.

3) "Mi ha insultato, mi ha aggredito, mi ha ingannato, mi ha derubato." Se coltivi questi pensieri vivi immerso nell'odio.

4) "Mi ha, insultato, mi ha aggredito, mi ha ingannato, mi ha derubato." Abbandonando questi pensieri ti liberi dell'odio.

5) In questo mondo l'odio non può porre fine all'odio.Solo l'amore è capace di estinguere l'odio.Questa è la legge eterna.

6) In questo mondo tutti siamo destinati a morire. Ricordandotene, come puoi serbare rancore?7) Con la stessa facilità con cui il vento sradica un fragile albero le tentazioni trascinano chi è alla ricerca del piacere, chi è avido, pigro e debole.

8) Ma, come il vento non riesce ad abbattere una montagna, nessuna tentazione scuote chi è desto, energico, fiducioso e vive semplicemente.

9) Se la tua mente non è limpida, se sei insincero e incapace di controllarti, invano indossi l'abito giallo.

10) Se la tua mente è limpida, se sei sincero e padrone di te, ben ti si addice l'abito giallo.

11) Confondendo l'essenziale e l'inessenziale perdi di vista la tua vera natura e coltivi vani desideri.

12) Riconoscendo l'essenziale come tale e l'inessenziale come tale ritrovi la tua vera natura e arrivi all'essenza.

3) Come la pioggia penetra in una capanna il cui tetto non è ben impagliato, così le passioni si insinuano in una mente inconsapevole.

14) Ma una mente consapevole è come una capanna dal tetto ben impagliato.

15) Chi fa del male soffre in questo mondo e nell'altro.

16) Chi fa del bene gioisce in questo mondo e nell'altro.

17) Chi fa del male soffre in questo mondo e nell'altro. Soffre contemplando il male che ha fatto e ancora di più soffrescendendo nell'oscurità.

18) Chi fa del bene gioisce in questo mondo e nell'altro. Gioisce contemplando il bene che ha fatto e ancora di più gioisceinnalzandosi nella luce.

19) Chi recita a memoria le scritture, ma non le mette in pratica,è come un mandriano che conta le vacche altrui. Costui non è partecipe della vita dello spirito.

20) Ma se, pur conoscendo solo una piccola parte delle scritture, pratichi il dharma, abbandoni le passioni, l'odio e le illusioni, coltivi la saggezza e la serenità, non hai desideri né in questo mondo né nell'altro, allora veramente sei partecipe della vita dello spirito.

sabato 13 febbraio 2010

XV La gioia - DHAMMAPADA




197 Vivi nella gioia, vivi nell'amore, libero dall'odio anche fra coloro che odiano.

198 Vivi nella gioia, vivi nella salute, libero dalla malattia anche fra coloro che sono malati.

199 Vivi nella gioia, vivi nella serenità, libero dall'ansia anche fra coloro che sono ansiosi.

200 Vivi nella gioia, vivi senza possedere nulla,nutrendoti di gioia come gli dei risplendenti.

201 La vittoria si lascia dietro una scia di odio, perché il vinto soffre. Abbandona ogni pensiero di vittoria e sconfitta e vivi nella pace e nella gioia.

202 Non c'è fuoco come la passione, non c'è malattia come l'odio, non c'è dolore come l'esistere nella separazione, non c'è gioia come la pace.

203 L'avidità è il massimo dei mali, il desiderio è la massima sofferenza. L'estinzione di ogni desiderio è la gioia più alta.

204 La salute è il massimo bene, la semplicità è la più grande ricchezza, la fiducia è la miglior compagna, il nirvana è la gioia più alta.

205 Assapora la dolcezza della meditazionen ella solitudine e nella pace. Bevi il nettare del dharma e liberati da ogni paura e attaccamento.

206 Gioioso è guardare il volto del Buddha, gioioso è vivere in compagnia dei saggi. Beato chi fugge la compagnia degli inconsapevoli.

207 Lungo e doloroso è viaggiare in compagnia degli inconsapevoli, come viaggiare con un nemico. Gioioso è trovare nei saggi la propria famiglia.

208 Perciò segui il cammino dei saggi, dei risvegliati, dei pazienti, dei risplendenti, di coloro che vivono nell'amore e nella virtù, come la luna segue il cammino delle stelle.

Guarda sempre il lato buono della vita - Eileen Caddy



Guarda sempre il lato buono della vita. Aspettati solo il meglio, e osservalo compiersi. Non incolpare nessun altro dello stato negativo nel quale ti trovi. Sei tu che decidi: sta a te rivoltare le carte e vedere che c'è dall'altra parte. Se scegli di vedere il lato triste della vita, non aspettarti di attirare a te quelle anime che conoscono la gioia della vera libertà, giacché i simili si attraggono: attirerai solo le anime che si trovano nella tua stessa situazione. Quando ti sembra di toccare il cielo con un dito e l'amore scorre liberamente in te, allora attiri chiunque, poiché tutti apprezzano un'anima gioiosa. Impara ad elevare una persona o una situazione, e non lasciarti mai inghiottire nell'abisso della disperazione a causa dell'atteggiamento di qualcun altro. Sei qui per creare pace, armonia, bellezza e perfezione, tutto il meglio della vita; vai e agisci!


(da: Le porte interiori di Eileen Caddy )

venerdì 12 febbraio 2010

Punti tratti da Cammino di S.Josemaría Escrivà de Balaguer



251. Domani! Qualche volta è prudenza; molte volte è l'avverbio dei vinti.

256. Quella piaga fa male. —Però è in via di guarigione: sii conseguente nei tuoi propositi. E presto il dolore sarà gioiosa pace.

262. Non pensare più alla tua caduta. —Quel pensiero, oltre a essere un macigno che ti copre e ti opprime, sarà facilmente occasione di prossime tentazioni. —Cristo ti ha perdonato: dimentica l'uomo vecchio.

696. Se ricevi la tribolazione con animo intimorito perdi la gioia e la pace, e ti esponi a non trarre profitto spirituale da quella prova.

703. Una cattiva notte in una cattiva locanda. — Dicono che Teresa di Gesù abbia definito così questa vita terrena. — Non ti pare che sia un paragone indovinato?

Pensieri - parte 2



La sua forza, la sua fiducia nelle mie capacità, la sua fede in me come essere umano, mi permettono di vedere la mi esistenza in una luce completamente diversa.

L’odio non ti darà mai la pace. Ti porterà sempre più lontano dal mondo.

“Sorridi anche se sei triste perché peggio di un sorriso triste è la tristezza di chi non sorride.”

Lasciati illuminare dai tuoi dubbi. – T.D’Aquino

Sono rovinata, morta, perduta! Dove correre? Dove non correre? Non lo so, non vedo più nulla, cammino a tentoni. Non saprei più nemmeno dire dove vado, dove sono, chi sono. Ti prego, vienimi in soccorso, ti scongiuro, ti supplico. Tanto pianto, tanto dolore, tanta tristezza. - PLAUTO

Ricordati che la cosa per te più scontata può esserlo un po’ meno per gli altri.

La gente a volte ha bisogno di menzogne per riuscire a vivere un giorno dopo l’altro.

Sono portata a celare la mia innata malinconia sotto una facciata di falsa allegria.

“La stanchezza non ci appesantisca,
né la fatica ci rallenti,
le difficoltà non spengano il coraggio,
né la tristezza la gioia del cuore”.

Ascoltavo in silenzio quella cascata di parole monotone che assopivano il mio pensiero come il mormorio di una fontana, e che mi passavano davanti sempre diverse eppure sempre uguali, come gli olmi sinuosi della strada maestra.

Mi è venuta una sete ardente di buone e consolanti parole.

Che cos’è l’amore?
Non è solo felicità. È ansia, dubbio, gioia, tristezza, dolore, timore. Anche. È anche questo.

È meglio illudere o deludere?

Vita e amore significano la stessa cosa…c’è tutto nell’amore: amicizia, cordialità, sensualità e anche passione… e l’un elemento lenisce e rinforza, anima ed accresce l’altro, viviamo ed amiamo fino all’annientamento. Soltanto l’amore ci rende uomini veri e perfetti, esso solo è la vita della vita. – Schlegel “Lucinde”

Signore liberaci dal troppo zelo per le novità, dall’anteporre la cultura alla saggezza, la scienza all’arte, l’intelligenza al buon senso, dal curare i malati come se fossero malattie, dal rendere la guarigione più penosa del persistere del morbo. - Robert Hutchinson

UBRIACATEVI. Bisogna essere sempre inebriati. È tutto lì. Per non sentire l’orribile fardello dei tempi che pesano sulle vostre spalle e che vi piegano a terra, bisogna che vi inebriate senza tregua. Ma di che cosa? Di vino, di poesia, a vostra scelta. Ma inebriatevi. E se vi svegliate sui gradini di un palazzo, nella triste solitudine della vostra stanza, e l’ubriacatura è diminuita o passata, domandate alle stelle, al vento, a tutto quello che fugge, a tutto quello che canta, a tutto quello che parla, domandare che ora è, e il vento, le stelle, l’uccello, vi risponderanno “è l’ora di ubriacarsi” . per non essere schiavi del tempo, inebriatevi senza cessare. Di vino, di poesia, a vostra scelta. Non importa di cosa.- Charles Baudelaire “Petits poèmes en prose”

-- direi: ubriacatevi di vita, di sogni e di gioia...

Una profonda meditazione ... - adattato da S.AGOSTINO



Una profonda meditazione ha raccolto tutta la mia miseria al cospetto del mio cuore ed è nata una grande burrasca apportatrice di una gran pioggia di lacrime. La solitudine mi sembra l’atmosfera più adatta al bisogno che provo di piangere. Ed ho lasciato libero il freno delle mie lacrime, che prorompono a fiumi da questi miei occhi, e con queste parole ti ho detto “Fino a quando? Fino a quando ti adirerai in eterno? E per quanto tempo? Sì, per quanto tempo: domani e ancora domani? E perché non subito? Perché non in questo momento la fine di tutto?”.
Ti ho detto queste parole e piango nella più amara contrizione del mio cuore.
Vorrei frenare l’impeto delle lacrime. Vorrei che per una luce di sicurezza infusa nel mio cuore, si disperdessero tutti i dubbi della mia tenebra. –

È in me



È in me. E insieme
camminiamo
lungo il tortuoso
sentiero della vita.
Mi stringe il cuore, mi ferisce
l’anima.
Mi assale nei momenti felici
della vita.
Si impossessa del mio
sangue, della mia
vita.
La luce filtra attraverso
la finestra socchiusa.
Da quando non vedo il sole?
Da quando non corro
felice sulla sabbia dorata
del mare?
Il mare, libero, immenso, potente,
non costretto a sentire la vita
sfuggirgli.
È in me. Mi lascia
senza forze, senza parole, senza
un perché.

Se non puoi cambiare la realtà



Se non puoi cambiare la realtà, cerca di adattarti ad essa.
Non scendere mai a rete senza avere un buon colpo in serbo.
Quando la festa è finita, togliti le scarpe da ballo.
Nessuno vive sempre in cima alla montagna.
È bello salirci di tanto in tanto per ispirarsi e per avere nuove prospettive, ma poi bisogna ridiscendere.
La vita si vive a valle.
È lì che sono le fattorie, gli orti e i frutteti, è lì che si ara la terra e si lavora.
Ed è lì che si traducono in realtà le ispirazioni che si possono aver avute lassù.

Il più gelido inverno




Le stelle stanno cadendo
Non c’è una ragione
Da qualche parte il sole
Sta tramontando
Nel mio cuore
Nella mia anima
È calato il più gelido inverno
Non so dove sia il sole
Non sento il suo calore
Voglio trovare la pace
Non so dove andare
Voglio fermarmi,
Voglio scendere alla prossima fermata,
La notte sta calando,
Mi sento protetta,
Nessuno può più farmi del male.

La vera bellezza ha bisogno di silenzio



La vera bellezza ha bisogno di silenzio.
Una sola parola può distruggerla.
La bellezza, la grande bellezza, può essere dolorosa: ci sono momenti in cui si vuole solo piangere, e il rumore di una voce umana può essere tanto distruttivo quanto un sasso scagliato in uno stagno pieno di ninfee rosse e bianche.

Non permettere mai che qualcuno venga a te - Madre Teresa di Calcutta



Non permettere mai che qualcuno venga a te
e vada via senza essere migliore e più contento.
Sii l’espressione della bontà di Dio.
Bontà sul tuo volto e nei tuoi occhi,
bontà nel tuo sorriso e nel tuo saluto.
Ai bambini, ai poveri e a tutti coloro che soffrono
nella carne e nello spirito
offri sempre un sorriso gioioso.
Dai a loro non solo le tue cure
ma anche il tuo cuore.

Che ho io perché la mia amicizia chiedi? - LOPE FELIZ DE VEGA CARPIO 1562-1635



Che ho io perché la mia amicizia chiedi?
Che vantaggio ti viene, Gesù mio,
Che alla mia porta, asperso di rugiada,
Passi le notti dell’inverno oscure?

Quanto furono dure le mie viscere
A non aprirti! Che delirio insano,
Se il freddo gelo della mia apatia
Seccò le piaghe alle tue piante pure!

L’angelo, quante volte mi diceva:
“Anima, affacciati ora alla finestra,
Vedrai con quanto amore insiste e chiama!”.

E quante volte, altissima bellezza,
“Domani gli apriremo”, rispondevo,
Per rispondere lo stesso l’indomani!
LOPE FELIZ DE VEGA CARPIO 1562-1635

giovedì 11 febbraio 2010

Vorrei rimanere così per sempre. Per l’eternità.



Sono seduta davanti alle fiamme di un fuoco che mi rallegra e riscalda il cuore.
Max e Michel stanno improvvisando dei pezzi meravigliosi alla chitarra.
Per una volta non provo rabbia nel vedere come si muovono le loro mani sulle corde della chitarra. E per me, questa, è una sensazione nuova.
Mi perdo tra le fiamme scoppiettanti. Non c’è niente di più bello. Le ombre danzano sulla parete. Sembrano degli strani geroglifici di lontana e ancestrale memoria.
Vorrei rimanere così per sempre. Per l’eternità.
Nell’intimità creata anche dalla presenza del fuoco, Max apre il suo cuore. Nelle sue parole non c’è rancore.
Vorrei rimanere così per sempre. Per l’eternità.

Oggi come allora - A.


Oggi come allora.
Pioveva. Ero felice nel paradiso dei miei nonni. Il calore del fuoco di un camino, i vestiti stesi ad asciugare, e l’immagine di una donna in abiti d’altri tempi che si affaccendava tra quelle mura, preparava la cena, ravvivava il fuoco… mi sembrava di sentire l’odore di quella vita, il profumo del fumo che riempiva l’aria… nella penombra della stanza c’era una culla di legno, una tavola apparecchiata, più in là una cassa piena di ceppi di legna…
Era una bella giornata. Anche se il tempo non era niente di buono, ero felice come non lo ero da tempo. Sentivo mio padre vicino come non mai, sentivo che mi voleva bene. Quel giorno eravamo forse accomunati dallo stesso amore per quei luoghi, e per chi eravamo, e per i nostri nonni, bisnonni passati di lì prima di noi. Lì loro avevano vissuto, avevano compiuto le loro fatiche, avevano calpestato quella terra, si erano seduti a quel focolare, avevano aperto quelle porte, toccato quegli oggetti. La loro presenza, per me e per lui, era tangibile.
E poi dal paradiso all’inferno.
Perché per me non poteva essere vero. Non doveva.
Lui per me era stato una persona speciale. E non poteva morire. Non così, a 18 anni senza un perché.
E mi sentivo in colpa per il fatto che io ero stata felice come non mai proprio mentre lui moriva.
Era morto e io ridevo.
Era freddo e io stavo al caldo di un camino.
Non volevo accettare il fatto che se ne fosse andato. Perché anche a distanza di tempo, credo che gli volessi ancora bene. Perché era lui.
E inevitabilmente questo ha portato con sé le mille domande che un fatto del genere, la morte di una persona, può portare con sé.
Volevo ribellarmi a quel Dio che aveva permesso che lui morisse. Perché il Dio che lo aveva fatto morire era cattivo. E allora gli urlavo “perché non prendi anche me?”.
Che senso ha vivere e soffrire, amare, legarsi a delle persone, e far sì che le persone si leghino a te, se poi ad appena 18 anni devi morire? Ne vale la pena di passare attraverso tutto questo?
Ogni volta che incontro sua madre per strada mi si stringe il cuore. Perché in lei rivedo lui. Perché in lei vedo il dolore che ha sofferto. Lo vedo nei suoi occhi quando cammina. Nelle sue spalle curve. A volte mi capita di “entrare” in quel dolore. Nel dolore di una madre che ha perso il suo unico figlio.
E non bastano tutte le lacrime di una vita per piangere un figlio. Un figlio non è mai pianto abbastanza.
Non capirò mai il perché della morte di un figlio o di una giovane madre. Un’amica mi diceva che un giorno il “disegno” di Dio mi sarebbe parso chiaro. Che avrei capito. Ancora oggi, a distanza di anni, non ho capito il perché della morte di S. Forse è stata una di quelle cose che non hanno un senso, ma a tutto c’è un senso.
E non posso fare a meno di pormi delle domande perché sono fatta così. Tutto deve avere un senso, un suo scopo. Le persone non muoiono a caso, così come fili d’erba quando si falcia un prato.
A volte mi capita di fermarmi per un istante davanti alla sua fotografia e vorrei che quella foto prendesse vita, che come per magia si animasse. Per sua madre.
Mi dicono che quando Dio chiama a sé qualcuno è perché ha bisogno di un angelo.

Pensare che qualcuno non c’è più un giorno dopo. Questa è una cosa che ti annienta. Perché alla fine non puoi più tornare indietro. E pesa non poter più tornare indietro. Rivivere una volta ancora, una volta che non sia l’ultima.
L’ineluttabilità della morte è quello che spaventa. Quando non c’è più ritorno.
Quando non puoi più sentire e risentire una voce. Non puoi più chiedere amore e conforto. Non puoi più rifugiarti in quelle braccia. Non puoi più.
Vivere e condividere.
Parole dette e non dette.
Baci dati e ricevuti.
Niente più di tutto questo.
E devi abituarti per il resto della tua vita a fare a meno di tutto questo.
Per il resto della tua vita.
Poco o tanto che sia.
Ma come si fa ad abituarsi a fare a meno di una persona? A fare a meno dell’amore di una persona? Di quello che ti sapeva dare?

Pensieri - A.



La felicità è un colpo di vento improvviso che ti accarezza i capelli.

Ogni uomo è un’isola. Un’isola sperduta. Ma anche perduta?

Piovono dal cielo tutte le lacrime non piante.

Dimmi un motivo per darti un buon motivo.

Sono un’isola bagnata dall’oceano di centomila lacrime versate da te e me.

Delusione è un sasso che pesa sul cuore. È aspettare tanto e non trovare niente. È vivere per poco e perdere anche quel tanto.

Hai mai come l’impressione che la vita si prenda gioco di te?

Affrontare qualcuno che può ucciderti e ferirti esige coraggio, ma affrontare qualcuno che può guarirti esige forse un coraggio ancora maggiore.

Un lampo per un breve istante mi ha mostrato la strada.

Non ti capita mai, a volte, che un sorriso sincero, un breve sguardo, un semplice gesto, una sola parola anche da parte di uno sconosciuto, sanno ridarti fiducia, sono la tua ancora di salvezza?

Sento una profonda nostalgia.
Il rintocco di una campana. È come se stessi perdendo qualcuno di importante. La sensazione è quella. Con tutto quello che porta con sé. Armi e bagagli.

Cos’è questa inquietudine? Perché non mi lascia un attimo? Perché non entra nel cuore di qualcun altro?

Scavi nella memoria come in una ferita ancora aperta, punendoti con il dolore che ti procuri.

Ma tu lo sai cosa vuol dire sentirsi strappare, stracciare il cuore per un mare di guai e guastarsi la vita che ormai è diventata tua grande nemica. Sentire la testa che dentro si spacca e non capirci più niente. Il dolore ti brucia nell’anima ma tu non puoi più neanche soffrire. E senti la voce che esce da te, ma chi l’ascolta è soltanto rumore. E sai cos’è l’aver lottato per niente, aver creduto in un ,pugno di nuvole. Essere stanca di stringere i denti per sentirsi aggrappata a quell’unico filo.
Ma di una cosa sono certa.
Ancora non c’è niente che sia vissuto per niente: se io ci sono un motivo c’è. Non stanchiamoci di stringere i denti per tenerci aggrappati a quell’unico filo: non lasciamolo nemmeno un momento. So che lì c’è il segreto che sa solo chi vive. Dev’essere proprio qualcosa di grande, vale la pena lottare, fare rumore, cadere, rialzarsi, partire o tornare, camminare o stare fermi, fare sul serio o giocare, essere sicuro o morire nel dubbio, divertirsi o annoiarsi, stare zitti o parlare.

I morti pesano non tanto per l’assenza, quanto per ciò che – tra noi e loro- non è stato detto.

Non è da tutti catturare la vita.

Se mollo, sarà del tutto e sarà per sempre.

Qui i sogni sono poco sogni e tanto realtà. – My Paradise

Io accetterò soltanto ciò che capisco.

Ti stai chiudendo in te stessa come dentro un cerchio invisibile dal quale sono esclusi tutti e tutto.

Ignorare non farà mai sì che una cosa, una qualsiasi cosa, scompaia veramente.

“Ciò che devi dire alla persona cara resta per sempre dentro di te; lei sta’ là, sotto terra, e non puoi più guardarla negli occhi , abbracciarla, dirle quello che non le hai ancora detto.”

“La sofferenza non deriva soltanto dalle circostanze o dalla morte dei propri cari.
Viene da dentro.
Dalla consapevolezza di averli perduti.
Deriva dalla coscienza di essere stati solo degli stupidi –bambini vanitosi ed arroganti – quando ci reputavamo felici.
Deriva dallo scoprire come erano fragili e precarie le nostre vite di un tempo, proprio quando noi le consideravamo stabili e protette.
La sofferenza nasce dalla consapevolezza che non siamo mai stati al sicuro e che mai lo saremo.
Nasce dalla consapevolezza che non torneremo a essere così beatamente ignari.
Nasce dalla consapevolezza che non saremo mai più bambini.” – Maurice Denuziére

“Le cose veramente meravigliose , i grandi misteri, si muovono in silenzio. Chi ode il sole quando sale nel cielo? Chi ode spuntare gli steli d’erba?” – Tonweya