mercoledì 23 febbraio 2011
non adesso ti prego
martedì 22 febbraio 2011
sabato 19 febbraio 2011
non conta
quello che dico non conta
quello che desidero non conta
come non conta quello che sono.
se tutto questo, e molto altro ancora, non conta
allora COSA conta?
allora che senso ha voler contare qualcosa nella vita delle persone?
che senso ha voler avere un proprio piccolo spazio su questa Terra?
Non è vero che “NON IMPORTA”
Tante volte mi sono detta “NON IMPORTA”.
Tante volte ho detto “NON IMPORTA”.
Mi sono in qualche modo nascosta dietro a queste parole. Con queste parole ho cercato di cancellare ciò che veramente provavo, sentivo in fondo al cuore.
Non è vero che non avesse importanza .
Eccome che aveva importanza. E anche enorme. Altrimenti non mi sarei difesa cercando di nascondere a me stessa l’evidenza di ciò che mi faceva male.
Non è vero che non mi importava.
Mi importava talmente tanto da raccontarmi una bugia e credere fermamente e strenuamente a questa bugia.
Non è vero che non importava se la persona dalla quale passavo tutte le estati e le vacanze di Natale non abbia trovato il tempo per venirmi a trovare in ospedale se non soltanto dopo 15 giorni.
Non è vero che non mi importava. Mi importava talmente tanto che in quel momento non potevo affrontare, oltre a tutto quello che mi stava capitando, anche il pensiero che non ero nessuno. Che non ero niente. Che andavo bene solamente quando servivo, quando facevo comodo. Non è vero che non mi importava.
Neanche quando avevo saputo che l’avevano vista in giro, e me lo avevano tenuto nascosto per non ferirmi. Neanche allora, dicevo, importava. Perché il pensiero che avesse trovato il tempo per andarsene in giro e non per me era troppo devastante. E non potevo affrontarlo in quel momento. In quel momento dovevo pensare ad alleggerire i cuori delle persone attorno a me, persone che IO stavo facendo soffrire. Se loro stavano soffrendo era colpa mia.
E per questo dicevo “NON È NIENTE” parlando di ciò che mi era successo e che aveva cambiato tutto. Dovevo proteggerli. Ma non è vero che era niente.
Non è vero che “NON IMPORTA” un Natale rovinato dal malumore di qualcuno.
Non è vero che “NON IMPORTA” un comportamento che ti ferisce.
Non è vero che “NON IMPORTA” un gesto violento.
Non è vero che “NON IMPORTA” un libro, ricordo della persona a cui più vuoi bene, rovinato in un momento di rabbia da parte di tuo padre.
Non è vero che “NON IMPORTA” sentirsi dare delle colpe che non hai.
Non è vero che “NON IMPORTA” sentirsi considerata meno importante di tuo fratello perché da bambini lui riceveva un regalo per il suo compleanno, mentre tu, al tuo, no.
Non è vero che “NON IMPORTA” sentirsi valere di meno, non contare.
Non è vero che “NON IMPORTA” sentirsi invisibili a sei anni.
Tutto importa.
Non è vero che “NON IMPORTA” se il tuo migliore amico, così importante da chiederti di trasferirti da lui in un paese straniero, riduca a un niente la morte della persona a te più cara, e nei giorni del dolore e del silenzio voglia polemizzare su una frase detta per cercare di spiegargli come ti senti, e sia sordo al tuo desiderio di dire basta.
Non è vero che “NON IMPORTA”.
Non è vero che “NON IMPORTA” se ti sei sentita violentata nel profondo mille e più volte.
Non è vero che “NON IMPORTA” se hai subito delle molestie, e continuato a subirle perché gli adulti dei quali ti fidavi e ai quali avevi raccontato tutto non hanno fatto niente per evitare che si ripetessero, e provare vergogna per questo, e allora tacere per sperare che non si sapesse.
Non è vero che “NON IMPORTA”.
Non è vero che “NON IMPORTA” il tuo compleanno dimenticato.
Non è vero che “NON IMPORTA” il sentirsi esclusa.
Non è vero che “NON IMPORTA” il sentirsi usata e poi gettata via come un pezzo di carta appallottolato nel cestino della spazzatura.
Non è vero che “NON IMPORTA” il non capire che posto hai.
Non è vero che “NON IMPORTA” un gesto di ripicca fatto davanti ai tuoi occhi solo per ferirti.
Non è vero che “NON IMPORTA” il sentirsi di troppo.
Non è vero che “NON IMPORTA” se per l'irresponsabilità di qualche stupido vivi sospesa.
Non è vero che “NON IMPORTA” il sentirsi negare l’evidenza delle cose.
Non è vero che “NON IMPORTA” il farsi tanto piccola da VOLERE essere inesistente. Volere che lui si dimentichi della tua esistenza. E ripetere dentro di te all’infinito “fa che non si accorga di me”. “Fa che si dimentichi di me”.
Non è vero che “NON IMPORTA” il sentirsi abbandonata, non voluta.
Non è vero che “NON IMPORTA” la tristezza che senti dentro e che ti travolge.
Non è vero che “NON IMPORTA” la rabbia che non riesci ad arginare.
Non è vero che “NON IMPORTA” il sentirti un ripiego, molto meno di una seconda scelta.
Non è vero che “NON IMPORTA” un’attesa trasformata in illusione e poi in delusione.
Non è vero che “NON IMPORTA” l’infinita arrogante critica alle tue scelte.
Non è vero che “NON IMPORTA” il non rispetto di ciò che dici, pensi, fai. E sei.
Tutto importa.
Tante volte ho detto “NON IMPORTA”.
Troppe volte ho detto “NON IMPORTA”.
Tutto importa.
Non è vero che “NON IMPORTA” sentirsi dire “vai all’Inferno”.
Non è vero che “NON IMPORTA” l’aver sempre vissuto in punta di piedi.
Non è vero che “NON IMPORTA”. Tutto ha importanza.
Perchè quello che ha importanza ti ferisce profondamente.
E quello che ti ferisce profondamente lascia il segno.
E quello che ti lascia il segno ha importanza.
Per cui non è vero che “NON IMPORTA” o “NON È NIENTE”.
E quanti altri “NON IMPORTA” o “NON È NIENTE” hanno lasciato il segno?
venerdì 18 febbraio 2011
giovedì 17 febbraio 2011
domenica 13 febbraio 2011
per sopravvivere
sabato 12 febbraio 2011
Storie che scaldano il cuore - Brodo caldo per l’anima – vol.1
COMINCIA DA TE
Queste parole furono scritte sulla tomba di un vescovo anglicano nella cripta dell’Abbazia di Westminster:
Quando ero giovane e libero e la mia fantasia non aveva limiti, sognavo di cambiare il mondo.
Diventando più vecchio e più saggio, scoprii che il mondo non sarebbe cambiato, per cui limitai un po’ lo sguardo e decisi di cambiare soltanto il mio paese.
Ma anche questo sembrava irremovibile.
Arrivando al crepuscolo della mia vita, in un ultimo tentativo disperato, mi proposi di cambiare soltanto la mia famiglia, le persone più vicine a me ma, ahimè, non vollero saperne.
E ora, mentre giaccio sul letto di morte, all’improvviso ho capito: se solo avessi cambiato prima me stesso, con l’esempio avrei poi cambiato la mia famiglia.
Con la loro ispirazione e il loro incoraggiamento, sarei stato in grado di migliorare il mio paese e, chissà, avrei potuto cambiare il mondo.
Tratto da "Brodo caldo per l’anima – vol.1" J. Canfield, M. V. Hansen
L'AMORE ED IL TASSISTA
L'altro giorno mi trovavo a New York ed ho preso un taxi con un amico.
Quando siamo scesi, il mio amico ha detto all'autista: "Grazie per la corsa. Lei ha guidato benissimo."
Art Buchwald
Tratto da "Brodo caldo per l’anima – vol.1" J. Canfield, M. V. Hansen
LE REGOLE PER ESSERE UMANI
1.Riceverai un corpo.
Potrai amarlo o detestarlo, ma sarà tuo per l'intero periodo di questa vita.
2. Prenderai lezioni.
Sei iscritto ad una scuola informale a tempo pieno chiamata Vita.
Ogni giorno in questa scuola avrai occasione di prendere lezioni.
Le lezioni potranno piacerti oppure potrai considerarle irrilevanti e stupide.
3. Non vi sono errori, soltanto lezioni.
La crescita è un palcoscenico per tentativi: è sperimentazione.
Gli esperimenti "falliti" fanno parte del procedimento
tanto quanto l'esperimento che alla fine "funziona".
4. Una lezione viene ripetuta fino all'apprendimento.
Una lezione ti sarà presentata sotto varie forme finche la imparerai.
Una volta appresa questa, potrai passare alla lezione successiva.
5 Non si finisce mai di imparare.
Non vi è parte della vita che non contenga le sue lezioni.
Finche vivrai ci saranno lezioni da apprendere.
6. "Lì" non è meglio di "qui".
Quando il tuo "lì" sarà diventato un "qui", semplicemente otterrai un altro "lì" che di nuovo sembrerà migliore di "qui".
7. Gli altri sono semplicemente specchi di te.
Non puoi amare od odiare qualcosa di un'altra persona
finche ciò non riflette qualcosa che ami od odi di te stesso.
8. Spetta a te decidere cosa fare.
Hai tutti gli strumenti e le risorse di cui hai bisogno.
Spetta a te decidere cosa farne. La scelte è tua.
9. Dimenticherai tutto questo.
10. Puoi ricordartelo ogni volta che vuoi.
Anonimo
Tratto da "Brodo caldo per l’anima – vol.1" J. Canfield, M. V. Hansen
UN FRATELLO COSÌ
Un mio amico di nome Paul ricevette un’automobile come regalo di Natale da suo fratello. La vigilia di Natale, quando Paul uscì dall’ufficio, un monello di strada stava girando attorno all’auto nuova luccicante, ammirandola. "E’ sua questa macchina, signore?" domandò.
Paul annuì. "Me l’ha regalata mio fratello per Natale." Il ragazzo rimase sbalordito. "Vuole dire che suo fratello gliel’ha regalata e a lei non è costata niente? Ragazzi, vorrei..." Esitò.
Naturalmente Paul sapeva che cosa avrebbe voluto. Avrebbe voluto avere un fratello così. Ma quello che disse il ragazzo scosse Paul fino ai talloni.
"Vorrei," proseguì il ragazzo, "poter essere un fratello così."
Paul guardò il ragazzo con meraviglia, poi impulsivamente aggiunse:"Ti piacerebbe fare un giro con la mia macchina
"Oh, sì, tantissimo."
Dopo un breve giro, il ragazzo si volse e con gli occhi luccicanti chiese: "Signore, le dispiacerebbe passare davanti a casa mia?"
Paul sorrise. Pensava di sapere che cosa volesse il ragazzo. Voleva mostrare ai vicini che poteva tornare a casa su un’auto grande. Ma Paul si sbagliava di nuovo. "Può fermarsi dove ci sono quei due gradini?" Chiese il ragazzo.
Corse su per i gradini. Poco dopo Paul lo udì ritornare, ma non velocemente. Accompagnava il fratellino storpio. Lo fece sedere sul gradino inferiore, poi si strinse a lui e indicò l’automobile.
"Eccola, Buddy, proprio come ti ho detto di sopra. Suo fratello gliel’ha regalata per Natale e non gli è costata un centesimo. E un giorno io te ne regalerò una uguale... Allora vedrai tutte le belle cose delle vetrine natalizie che ho cercato di descriverti."
Paul scese e sollevò il ragazzo sul sedile anteriore dell’auto. Il fratello maggiore, con gli occhi luccicanti, salì accanto e tutti e tre cominciarono un memorabile giro natalizio.
Dan Clark
Tratto da "Brodo caldo per l’anima – vol.1" J. Canfield, M. V. Hansen
giovedì 10 febbraio 2011
L' Alhambra - Granada , Spagna
Loreena racconta l'Alhambra
Era tanto tempo che volevo fare un pellegrinaggio in Spagna e vedere il palazzo chiamato Alhambra, ma è stato solo quando ho saputo che gli antichi Celti si stabilirono su questa penisola iberica che ho finalmente deciso di andarci. Ho scoperto le torri dei Mori costruite da un sultano nel tredicesimo secolo; cortili interni con vasche d’acqua, pilastri eleganti e complicati intagli… tutto costruito allo scopo di duplicare le famose descrizioni del Paradiso nella poesia Islamica.
Per secoli, è stato usato come un’oasi per nomadi e viaggiatori, un luogo d’incontro per culture e tradizioni. Un crocevia per le religioni, dove i musulmani, i cristiani e gli ebrei hanno convissuto in armonia.
È un luogo dove il buio lascia spazio alla luce, dove ogni pietra ha sentito mille segreti, e dove le cose lontane sembrano così vicine.
È un luogo di infinita bellezza; il sogno di un mistico.
Ricordo l’Alhambra che si stagliava tra le montagne della Sierra Nevada, circondato da una pianura fertile. È un posto perfetto dove costruire una fortezza difensiva ed il castello è cresciuto organicamente in cima ad una montagna, nel corso dei secoli.
I poeti mori l’hanno descritto come una perla circondata da smeraldi. L’Alhambra esiste fuori dal tempo. Nella mia mente, è rannicchiato nell’eternità, ed ovunque i dettagli architettonici mostrano la propria identità araba in maniera prorompente. Quando fu costruito, il Palazzo Alhambra costituiva l’apogeo della civiltà.
Perfino il cortile dove ci siamo esibiti, costruito da Carlo V, rende omaggio al genio degli ignoti architetti musulmani che costruirono le torri ed i magazzini, secoli fa.
Il nome Alhambra significa “Il rosso” in arabo. Alcuni dicono che deriva dal colore dei mattoni sulle pareti esterne. Altri invece sostengono che si riferisce al colore rosso delle fiaccole che illuminavano i lavori.
In effetti, i galiziani suonano ancora le cornamuse, e vi sono aspetti della loro musica che sembrano quasi scozzesi o irlandesi. Quindi fu questo legame pan-celtico che mi condusse alla Spagna e verso un nuovo viaggio di scoperta.
Quando giunsi all’Alhambra, mi sentii come se ci fossi già stata, e come se non me ne sarei mai andata. È un luogo magico e mistico pieno di ispirazione, e la musica che si sente è eterna. La civiltà che si vive qui non ha confini. Ma, come dice il filosofo, un buon viaggiatore non ha un piano fisso e non intende arrivare.
Alhambra
The Alhambra is a palace and fortress complex of the Moorish monarchs of Granada in southern Spain, occupying a hilly terrace on the southeastern border of the city of Granada.Mohammed I, the first king of the Nasriden—a Moorish dynasty in Granada—converted a ninth-century castle into his private royal residence, and it is this which we now know as the Alhambra. The structure, currently a huge museum exhibiting exquisite Islamic architecture, is renowned for its stunning frescoes and interior detail. A Renaissance palace was also inserted by Charles V, Holy Roman Emperor. The buildings are some of the finest examples of Moorish architecture in the world and the site is among Europe’s most-visited tourist attractions.Over the years, the Alhambra has had widespread influence on art, music, and architecture.The Alhambra was listed as World Heritage Sites by UNESCO in 1984. The selection was based on the following criteria: That it represents a masterpiece of human creative genius; it exhibits an important interchange of human values; and it is an outstanding example an architectural ensemble which illustrates a significant stage in human history.
Topography
The terrace or plateau where the Alhambra settles, measures about 2,430 feet in length by 674 feet at its greatest width, extends from W.N.W. to E.S.E., and covers an area of about 169,831 square yards. It is enclosed by a strongly fortified wall, which is flanked by 13 towers. The river Darro, which flows through a deep ravine on the north, divides the plateau from the Albaicín district of Granada; the Assabica valley, containing the Alhambra Park, on the west and south, and beyond this valley the almost parallel ridge of Monte Mauror, separate it from the Antequeruela district.
Ground plan
Moorish poets described it as "a pearl set in emeralds," in allusion to the brilliant color of its buildings, and the luxuriant woods around them. The park (Alameda dé la Alhambra), in spring overgrown with wild-flowers and grass, was planted by the Moors with roses, oranges and myrtles. The park's most characteristic feature, however, is the dense wood of English elms brought there in 1812 by the Duke of Wellington. It is celebrated for the multitude of its nightingales, and is usually filled with the sound of running water from several fountains and cascades. These are supplied through a conduit five miles long, which is connected with the Darro at the monastery of Jesus del Valle, above Granada.In spite of the long neglect, vandalism, and sometimes ill-judged restoration which the Alhambra has endured, it still remains the most perfect example of Moorish art in its final European development, freed from the direct Byzantine influences which can be traced in the Mezquita cathedral of Córdoba, more elaborate and fantastic than the Giralda at Seville. The majority of the palace buildings are, in ground-plan, quadrangular, with all the rooms opening on to a central court; and the whole reached its present size simply by the gradual addition of new quadrangles, designed on the same principle, though varying in dimensions, and connected with each other by smaller rooms and passages.In every case the exterior is left plain and austere, as if the architect intended thus to heighten by contrast the splendor of the interior. Within, the palace is unsurpassed for the exquisite detail of its marble pillars and arches, its fretted ceilings and the veil-like transparency of its filigree work in stucco. Sun and wind are freely admitted, and the whole effect is one of the most airy lightness and grace. Blue, red, and a golden yellow, all somewhat faded through the lapse of time and exposure, are the colors chiefly employed.The decoration consists, as a rule, of stiff, conventional foliage, Arabic inscriptions, and geometrical patterns wrought into arabesques of almost incredible intricacy and ingenuity. Painted tiles are largely used as paneling for the walls.
Along with the Alhambra, two associated sites in Granada—the Albaycin and the Generalife—were also selected in 1984 for World Heritage status. According to UNESCO, " Rising above the modern lower town, the Alhambra and the Albaycín, situated on two adjacent hills, form the medieval part of Granada. To the east of the Alhambra fortress and residence are the magnificent gardens of the Generalife, the former rural residence of the emirs who ruled this part of Spain in the thirteenth and fourteenth centuries. The residential district of the Albaycín is a rich repository of Moorish vernacular architecture, into which the traditional Andalusian architecture blends harmoniously."
Description
The Alhambra resembles many medieval Christian strongholds in its threefold arrangement as a castle, a palace, and a residential annex for subordinates. The Alcazaba or citadel, its oldest part, is built on the isolated and precipitous foreland which terminates the plateau on the northwest. These are the sole remaining massive outer walls, towers, and ramparts. A turret containing a huge bell was added in the eighteenth century, and restored after being damaged by lightning in 1881. Beyond the Alcazaba is the palace of the Moorish kings; and beyond this, again, is the Alhambra Alta (Upper Alhambra), originally occupied by officials and courtiers.Access from the city to the Alhambra Park is afforded by the Puerta de las Granadas (Gate of Pomegranates), a massive triumphal arch dating from the fifteenth century. A steep ascent leads past the Pillar of Charles V, a fountain erected in 1554, to the main entrance of the Alhambra. This is the Puerta Judiciaria (Gate of Judgment), a massive horseshoe archway, surmounted by a square tower, and used by the Moors as an informal court of justice. A narrow passage leads inward to the Plaza de los Aljibes (Place of the Cisterns), a broad open space that divides the Alcazaba from the Moorish palace. To the left of the passage rises the Torre del Vino (Wine Tower), built in 1345, and used in the sixteenth century as a cellar. On the right is the palace of Charles V, a cold-looking but majestic Renaissance building, out of harmony with its surroundings, which it tends somewhat to dwarf by its superior size.The present entrance to the Palacio Árabe (Moorish palace), is by a small door from which a corridor conducts to the Patio de los Arrayanes (Court of the Myrtles). This court is 140 feet long by 74 feet wide; and in the center there is a large pond set in the marble pavement, full of goldfish, and with myrtles growing along its sides. There are galleries on the north and south sides; that on the south is 27 feet high, and supported by a marble colonnade.The Salón de los Embajadores (Hall of the Ambassadors) is the largest in the Alhambra, and occupies all the Torre de Comares. It is a 37-foot-square room, while the center of the dome is 75 feet high. This was the grand reception room, and the throne of the sultan was placed opposite the entrance. It was in this setting that the Edict of Expulsion was signed and Christopher Columbus received Isabel and Ferdinand's support to sail to the New World.The celebrated Patio de los Leones (Court of the Lions) is an oblong court, 116 feet by 66 feet, surrounded by a low gallery supported on 124 white marble columns. A pavilion projects into the court at each extremity, with filigree walls and a light domed roof, elaborately ornamented. In the center of the court is the celebrated Fountain of Lions, a magnificent alabaster basin supported by the figures of 12 lions in white marble. It has been said that the lions were most likely sculpted by members of the Jewish community who had inhabited Spain prior to their extradition along with the Muslims.The Sala de los Abencerrajes is a perfect square, with a lofty dome and trellised windows at its base. The roof is exquisitely decorated in blue, brown, red, and gold, and the columns supporting it spring out into the arch form in a remarkably beautiful manner. Opposite to this hall is the Sala de las dos Hermanas (Hall of the two Sisters), so-called from two very beautiful white marble slabs laid as part of the pavement. These slabs measure 15 by 7.5 inches, and are without flaw or stain. There is a fountain in the middle of this hall, and the roof —a dome honeycombed with tiny cells, all different, and said to number 5000— is a magnificent example of the so-called "stalactite vaulting" of the Moors.Among the other wonders of the Alhambra are the Sala de la Justicia (Hall of Justice), the Patio del Mexuar (Court of the Council Chamber), the Patio de Daraxa (Court of the Vestibule), and the Peinador de la Reina (Queen's Robing Room), in which are to be seen the same delicate and beautiful architecture and the same costly and elegant decorations. The palace and the Upper Alhambra also contain baths, ranges of bedrooms and summer-rooms, a whispering gallery and labyrinth, and vaulted sepulchers. The original furniture of the palace is represented by the celebrated vase of the Alhambra, a splendid specimen of Moorish ceramic art, dating from 1320, and belonging to the first period of Moorish porcelain.Of the outlying buildings in connection with the Alhambra, the foremost in interest is the Palacio de Generalife or Gineralife (the Muslim Jennat al Arif, "Garden of Arif," or "Garden of the Architect"). This villa probably dates from the end of the thirteenth century, but has been several times restored. Its gardens, however, with their clipped hedges, grottoes, fountains, and cypress avenues, are said to retain their original Moorish character. The Villa de los Martires (Martyrs' Villa), on the summit of Monte Mauror, commemorates the Christian slaves who were forced to build the Alhambra, and confined here in subterranean cells. The Torres Bermejas (Vermilion Towers), also on Monte Mauror, are a well-preserved Moorish fortification, with underground cisterns, stables, and accommodation for a garrison of 200 men. Several Roman tombs were discovered in 1829 and 1857 at the base of Monte Mauror.
History
Moorish period
The name Alhambra derives from the color of the red clay from which the fort is made. The buildings of the Alhambra were originally whitewashed; however, seen today they are reddish. The first reference to the Qal’at al Hamra was during the battles between the Arabs and the Muladies (a mixed-ancestry group that lived in the Iberian Peninsula in the Middle Ages) during the rule of the Abdallah (reigned 888-912). In one particularly fierce skirmish, the Muladies soundly defeated the Arabs, who were then forced to take shelter in a primitive red castle located in the province of Elvira, located in today's Granada.According to surviving documents from the era, the red castle was quite small and its walls were not capable of deterring an army intent on conquering it. The castle was then largely ignored until the eleventh century when its ruins were renovated and rebuilt by Samuel ibn Naghralla, vizier to King Bādīs of the Zirid Dynasty, in an attempt to preserve the small Jewish settlement located on the Sabikah hill. However, evidence from Arab texts indicates that the fortress was easily penetrated and that the actual Alhambra that survives today was built later, during the Nasrid Dynasty.Ibn Nasr, the founder of the Nasrid Dynasty, was forced to flee to Granada in order to avoid persecution by King Ferdinand and his supporters during attempts to rid Spain of Moorish dominion. After retreating to Granada, Ibn-Nasr took up residence at the Palace of Bādis in the Alhambra. A few months later, he embarked on the construction of a new Alhambra fit for the residence of a king. According to an Arab manuscript published as the Anónimo de Granada y Copenhague, “This year 1238, Abdallah ibn al-Ahmar climbed to the place called the Alhambra inspected it, laid out the foundations of a castle, and left someone in charge of its construction…”The design included plans for six palaces, five of which were grouped in the northeast quadrant forming a royal quarter, two circuit towers, and numerous bathhouses. Over the reign of Nasrid Dynasty, the Alhambra was transformed into a palatine city complete with an irrigation system for the lush and beautiful gardens located outside the fortress. The creation of the “Sultan’s Canal” solidified the identity of the Alhambra as a sumptuous palace-city rather than a defensive and ascetic structure.
The Reconquest
Alhambra Decree
The reconquest of Granada, the last bastion of Muslim Spain, was accomplished by Christian forces and was completed at the Battle of Covadonga in 1492. Despite its previous status as a haven for Jews and a glorious emblem of Arabic architecture, the Alhambra would soon be known to history as the place where peaceful coexistence among Christians, Muslims, and Jews in Spain came to its final end. In the Alhambra's Sala de Embajadores (Hall of the Ambassadors), the magnificent tower overlooking the city with the galaxy of stars embedded in its arched ceiling, the Catholic monarchs Isabel of Castile and Ferdinand II of Aragon signed a decree ordering the expulsion of Jews from Spain, on March 31, 1492. The Alhambra Decree, also known as the "Edict of Expulsion," demanded that all Jews leave the Kingdom of Spain and its territories and possessions.In the decree, proclaimed less than three months after the surrender of Granada, the monarchs accused the Jews of trying "to subvert our holy Catholic faith and trying to draw faithful Christians away from their beliefs." All Jews were ordered to leave the kingdom by "the end of July of this year." They were permitted to take their belongings with them—except "gold or silver or minted money." Punishment for a Jew who did not leave was death. Punishment for non-Jews who sheltered or hid Jews was the confiscation of all belongings and hereditary privileges.The Alhambra Decree stood in stark contrast to the policy of La Convivencia ("Coexistence"), describing the situation in Spanish history from about 711 to 1492, when Jews, Muslims, and Catholics in Spain lived in relative peace together within the different kingdoms. The phase often refers to the interplay of cultural ideas between the three groups, and ideas of religious tolerance.
Architectural changes
After the reconquest, much of the interior of the Alhambra was damaged and furniture was ruined or taken. Sections of the complex were either rebuilt in the Renaissance style or leveled so that Charles I of Spain (who was also Charles V of the Holy Roman Empire) might build an Italianate palace. Charles built the grand circular Christian palace known as the Palacio de Carlos Quinto, which stands today in the midst of the Alhambra, for the simple reason that he thought the Alhambra was a fine place to live, but wanted a building commensurate with his importance.In spite of its artistic clash with the delicate Moorish style of the Alhambra, some of which had to be destroyed to make way for it, the palace has an artistic value of its own, being the first Renaissance building made outside of Italy. However, due to financial problems, the construction was a stop-and-go affair which continued over several hundred years, not being completed until the twentieth century, when it was made use of for the first time as a concert hall.Damage also occurred to the Alhambra in 1812, when the French blew up some towers, and later in 1821 from an earthquake. In 1828, restoration of the Alhambra began and continued into the twentieth century.
Art of the Alhambra
The art within the Alhambra embodied the remaining portion of Moorish dominion in Spain and ushered in the last great period of the Andalusian art of Granada. Trapped without influence from the Islamic mainland, the Alhambra created a unique style characterized by its exquisite refinement and beauty, was perfected over the course of the Nasrid Dynasty. Elegant columns seem to soar effortlessly towards the sky and intricate muquarnas, a stalactite-like ceiling decoration, creating an airy appearance in several chambers. Interiors are often decorated with elegant arabesques and graceful depictions of calligraphy.The splendid arabesques of the Alhambra interior are ascribed, among other kings, to Yusef I, Mohammed V, Ismail I, etc. After the Christian reconquest, walls were filled in with whitewash, painting and gilding was effaced, and furniture was damaged or removed.Philip V (1700–1746) further Italianized the rooms and completed his palace right in the middle of what had been a Moorish building. He ran up partitions which blocked up whole apartments. In subsequent centuries under Spanish authorities, Moorish art was further defaced; and in 1812 some of the towers were blown up by the French under Count Sebastiani, while the whole buildings narrowly escaped the same fate. Napoleon planned to demolish the whole complex. Just before his plan was carried out, however, a soldier reportedly defused the explosives and thus saved the Alhambra for posterity. In 1821 an earthquake caused further damage. The work of restoration undertaken in 1828 by the architect José Contreras was endowed in 1830 by Ferdinand VII; and after the death of Contreras in 1847, it was continued with fair success by his son Rafael (d. 1890), and his grandson.
martedì 8 febbraio 2011
giovedì 3 febbraio 2011
in guerra
in guerra
mi sento
per come maltratti
il mio cuore
Aquila sacra dell‘Est
mercoledì 2 febbraio 2011
richiamo
irruente e prepotente
devastante e sconvolgente
richiamo a qualcosa che non è più